Pubblichiamo l’interessante risposta ai Dirigenti scolastici della provincia di Messina firmatari del comunicato stampa che chiede di dedicare i giorni precedenti alla Commemorazione dei Defunti alla riscoperta delle tradizioni locali.
In difesa della “diversità” culturale.
(In risposta ai Dirigenti firmatari del comunicato di cui è possibile deliziarsi al link https://www.gioiosatoday.it/la-crociata-dei-dirigenti-scolastici-contro-la-festa-di-halloween-non-e-la-nostra-festa/ )
In un primo momento avevo pensato ad uno “scherzetto” (di “dolcetto”, certo, non poteva trattarsi). E invece è tutto vero. Come accade ogni anno, tutto si rinnova, stupidaggini comprese. Questa volta, però, mi sembra una stupidaggine bella grossa, a tal punto da sconfinare nell’assurdità. Fin quando si trattava di cosiddette “voci di popolo” non si poteva far altro che alzare le spalle e provare con tanta buona volontà a farsene una ragione, sperando che quelle voci fossero almeno fuocherelli isolati. Stavolta, invece, i firmatari di tale assurdità (enorme, aggiungerei) sono addirittura i Dirigenti scolastici di buona parte della nostra provincia (!), Gioiosa compresa (e ci mancherebbe altro!).
L’oggetto del comunicato consiste nella «difesa delle tradizioni siciliane» e questo potrebbe addirittura innescare applausi scroscianti se solo non si proseguisse nella lettura: «Halloween», leggiamo infatti, «non è la nostra festa».
Esatto, non lo è, così come l’albero di Natale non dovrebbe essere nostra tradizione, né le crêpes dovrebbero essere consumate sulle tavole italiane, né i garage chiamarsi garage, o i computer chiamarsi computer; si potrebbe, volendo, riesumare l’usanza fascista di tradurre nomi e termini stranieri (“Harry Potter” diverrebbe così “Enrico Pentolaio” e il “mouse” il “topo”) o costringere tutti ad abbandonare l’odiatissimo “OK” in favore dell’italianissimo “va bene” (e su quest’ultima sarei pure d’accordo!).
Ma se la mettiamo in questi termini, signori miei, potremmo andare avanti per giorni e giorni senza approdare a conclusione alcuna o, in alternativa, prendendo coscienza del fatto che non esistono culture non contaminate da altre culture. La cultura stessa, possiamo dirlo, è sana contaminazione. La stessa stirpe italiota, che oggi vediamo nelle piazze inneggiare a razzismi d’ogni sorta, non è altro che il risultato di secoli di mescolamenti culturali. La Sicilia, poi, se di multiculturalità si vuol parlare, sta in cima alla lista!
Ma torniamo al comunicato. Subito dopo l’oggetto (di cui sopra) si fa appello alla legge n.9 del maggio 2011, vale a dire una serie di norme mirate alla «promozione, valorizzazione e insegnamento della storia, della letteratura e del patrimonio linguistico siciliano nelle scuole». Benissimo.
Ora, Egregi Dirigenti, sapreste dirmi cosa si è fatto nelle scuole siciliane in questa direzione? Sono mai stati attivati, mi chiedo, quegli «appositi moduli didattici» che dovrebbero garantire il raggiungimento degli obiettivi che si propone la legge alla quale fate riferimento? A me pare, francamente, che ci si appelli alle leggi soltanto nel momento in cui si ha la necessità morbosa di legittimare manovre assolutamente discutibili e poco democratiche, oltreché indiscutibilmente anticostituzionali. Ma capisco che Democrazia e Costituzione, nell’Italia contemporanea, siano termini e concetti assolutamente sorpassati, ahimé! Vorrei tanto che questo amore viscerale per le nostre tradizioni, per la nostra lingua, per la nostra letteratura e la nostra storia fosse una costante del fare scuola e non le “mentite spoglie” dietro le quali celare ragioni di tutt’altra natura. Premuratevi, dico io, d’insegnare alle giovani generazioni le nostre tradizioni in maniera sincera, onesta, e soprattutto nel rispetto della libertà e delle multiculturalità che altro non è se non un valore aggiunto!
E se davvero vi stesse a cuore l’educazione dei ragazzi allora dovreste fare il possibile per eliminare dalla scuola pubblica l’ora di religione, per esempio, anziché lasciare che si faccia piazza pulita della storia dell’arte, della geografia o della lingua francese.
Ritengo inoltre – ritornando al comunicato in questione – che nessun essere umano dotato di raziocinio sia incline ad «accettare in modo passivo usi e costumi imposti» da un’altra cultura; si possono tranquillamente onorare le proprie festività pur convivendo all’interno di un sistema multiculturale. Siete voi, mi par di capire, a voler imporre una specie di “senso unico”. La cultura anglosassone, tra l’altro, non è affatto «estranea alle nostre radici»! L’essenza più profonda delle tradizioni europee – molti studi lo hanno dimostrato, a cominciare da quelli sui testi omerici – derivano anzitutto dalla cultura nordica, molto più vicina alle antichissime culture scandinave che hanno poi dato vita alla civiltà micenea, la quale a sua volta ha “partorito” quella greca e via dicendo. Da questo punto di vista ci sarebbe da rivedere attentamente il concetto di “radici europee”, che tanto spesso ritorna in voga ad uso e consumo dei meno informati.
Ma veniamo ai risvolti pratici della vostra iniziativa. Tra le tante cose, mi chiedo soprattutto: avete pensato che nelle classi di tutti gli istituti che hanno sottoscritto questa sorta di “chiamata alle armi” potrebbero esserci bambini o ragazzi di cultura anglosassone (com’è normale che sia nell’Europa dei giorni nostri)? Così facendo – ne sono convinto – non si fa altro che alimentare una sorta di odio culturale o, se non altro, di pericolosa “antipatia” (chiamiamola così, se più vi aggrada); e questa “antipatia” potrebbe condurre a risultati che vi lascio facilmente immaginare. La storia insegna, d’altronde. In questo senso, «il rispetto delle diversità» di cui parlate deve poggiare non solo sulla valorizzazione delle proprie tradizioni, ma prima di tutto sul rispetto (sempre quello) di qualsivoglia universo culturale! Rispetto chiama rispetto.
Personalmente, invito i docenti a rispolverare il nostro bagaglio culturale non solo in occasione delle prossime festività – che in fondo rappresentano un’infinitesima percentuale delle occasioni annuali a loro disposizione -, ma ogni qualvolta vi sia una ragione per farlo. Anzi, dovrebbe essere premura di ogni insegnante fare continuo riferimento alla cultura del nostro territorio e, più in generale, a quella italiana; e questo a partire dalla lingua nazionale, che è il primo aspetto da salvaguardare urgentemente!
Halloween, di per sé, non rappresenta alcuna minaccia; sono i fondamentalismi e gli estremismi a rappresentarla. Halloween non ha nulla di diabolico, come leggo sempre qua e là per la rete o sui giornali; diabolici, semmai, sono queste imposizioni camuffate da sano nazionalismo, spalla a spalla con le istituzioni religiose. Diabolico, inoltre, è l’essere umano che approfitta di certe occasioni per dar sfogo alle proprie malvagie perversioni. E in questo senso, condannare Halloween per via del satanismo o di certi orrendi avvenimenti sarebbe come condannare il Capodanno per via di tutta quella gente che, nel migliore dei casi, ci rimette le dita. Halloween, poi – basta informarsi un minimo per rendersene conto -, ha le stesse radici delle nostre sacrosante tradizioni (sorpresona!). Celtiche per l’esattezza. E nella “ricetta” anglosassone figurano sia i defunti sia i doni, che sono quasi sempre dolciumi (vi ricorda qualcosa?).
Halloween ha un significato molto interessante, profondo, legato al rinnovamento e alla rinascita. E anche nei suoi aspetti più macabri, Halloween non va condannata: l’aspetto funereo, il culto dei morti, il risvolto dionisiaco della vita, insomma, va affrontato, assimilato, spiegato (in questo dovrebbe entrare in gioco la scuola, non nel reprimere!); è un aspetto essenziale, come lo è nelle tradizioni carnevalesche, come lo era nella tragedia antica (o vogliamo far piazza pulita perfino di Sofocle e compagni?), come lo è perfino nel Cristianesimo e in maniera assolutamente evidente. Si scende nel basso, agli inferi, per ritornare in alto, alla luce; si ride per demolire, per frantumare qualcosa o qualcuno in modo da “rimontarlo”, da rinnovarlo; c’è la morte perché ci sia la vita. Tuttavia, questo non è certo il luogo per prendere in esame questioni tanto complesse, che sarebbe vano e improduttivo trattare in maniera sommaria.
Quel che m’importa sottolineare adesso è che l’istituzione scolastica non può e non deve imporre certe direttive gratuite, antidemocratiche, per niente liberali, lontane dalla Costituzione e deformanti la realtà dei fatti. La scuola non deve improvvisarsi tribunale, né può reggersi sulle convinzioni dei singoli Dirigenti! E mi fa paura, ad essere sincero, il silenzio dei genitori di fronte a certe misure medievaleggianti.
La scuola, al contrario, dovrebbe promuovere il libero pensiero, il laicismo, la riflessione, una coscienza critica e, non ultimo, il multiculturalismo, soprattutto all’interno di un Europa sempre più variegata, nel rispetto della propria cultura e dell’altrui. È l’unica via, questa, per evitare derive “estremiste”. E la Sicilia, considerata la sua storia millenaria – che la legge chiamata in causa vorrebbe tanto si promuovesse – dovrebbe fare da capofila ad una scuola responsabilmente e veramente moderna.
tratto dal profilo facebook di Fabio Sidoti