(Prima parte)
L’Esposizione universale di Milano racconta il sistema alimentare mondiale attraverso una serie di video, ma 20 milioni di visitatori non fanno il successo di una manifestazione deludente.
di Marisa Mirabile
Il 31 ottobre ha chiuso i cancelli al pubblico l’Expo di Milano, la più importante manifestazione promo-commerciale del secolo. Almeno nell’immaginario collettivo.
Circa 20 milioni i visitatori, secondo le stime degli organizzatori, provenienti da tutto il pianeta e forse, anche da altri pianeti, vista la pazienza e la resistenza dimostrata. Ma non se ne rammarichino coloro che non hanno potuto mettersi in coda e fare ore di fila per vedere un po’ di piante e qualche video. Seduti comodamente sul divano, si può vedere di meglio facendo un po’ di zapping tra i vari documentari trasmessi in tv. E si, perché a voler essere obiettivi, questo enorme palcoscenico che doveva servire a far riflettere sullo spreco alimentare ( 1,6 bilioni, si si…proprio con la b, di cibo buttato nelle spazzature dei paesi industrializzati), sulla fame nel mondo, sull’equa distribuzioni dei generi alimentari, propagandato da uno slogan ad effetto: “Nutrire il pianeta”, in realtà si è trasformato in un continuo megaschermo promozionale dei vari Paesi partecipanti. Tutti all’insegna di “quanto siamo bravi”, tra un video e l’altro.
E, quindi, dovendo valutare la strategia comunicativa messa in campo dagli Stati partecipanti, dobbiamo dire che le tre ore e mezza di fila per visitare il padiglione degli Emirati Arabi, sono stati ben spesi. Il “ritorno al passato” della piccola protagonista Sara, in pieno remake di “Ritorno al futuro” , mostrato attraverso un paio di video ed una bella sigla finale interattiva col pubblico, ha reso l’idea sulle difficoltà che si hanno a coltivare piante tra una duna e l’altra e di come ingegno, cuore e unione ( forse ci sarebbe da aggiungere anche i pozzi di petrolio) siano più nutrienti di qualsiasi concime. Plauso al regista e agli scenografi , che sono riusciti a ricreare nello stand quel pathos necessario a coinvolgere il pubblico e fargli mandar giù l’interminabile attesa sotto il sole o sotto la pioggia. Ma come si vive di datteri e tè, rimane un mistero.
Al secondo posto, nella hit personale del Direttore di questa testata ( vi prego di non chiedere le mie dimissioni) vi è la Germania. Messaggio chiaro: “Fields of Ideas”. Un affascinante paesaggio di idee innovative dove l’ospite non si limita solo ad osservare i video ma viene coinvolto durante il percorso espositivo. Sei ambasciatori che trattano sei tematiche attraverso i propri progetti solidali o imprenditoriali: acqua (acqua potabile e assistenza sanitaria nei paesi sottosviluppati), terra ( lavorazione sostenibile del terreno nell’ambito dell’agricoltura) , clima ( il cambiamento climatico visto dagli occhi di un bambino e l’iniziativa Plant-for-the-Planet, cioè piantiamo un albero, che ha dato vita ad un Movimento globale), biodiversità ( come coltivare centinaia di varietà di mele), cibo (l’importanza di una giusta alimentazione quale materia didattica portata nelle scuole tedesche da un famoso chef) , giardino delle idee ( come produrre miele nel cuore di Berlino e trasformare le api in “amici per la pelle”). In pieno conflitto di interesse, una menzione speciale va data anche per l’accoglienza riservata ai media.
Al terzo posto, la lontana e “fortunata” Columbia. Unico posto al mondo che contempla 5 piani termici contemporaneamente, grazie alla collocazione geografica vicina all’equatore. E naturalmente 5 video che li descrivono, con annesse varietà animali e vegetali. “ La Colombia come fonte di cibo, acqua e ossigeno per combattere le tre principali minacce globali: la fame, la povertà e il cambiamento climatico”, viene spiegato ai visitatori pronti a fare le valigie e trasferirsi in America latina, se non fosse che il 34% della popolazione vive sotto la soglia della povertà e il potere economico è in mano ai narcotrafficanti. Comunque sia, si chiude in bellezza con un videoclip all’insegna dell’allegria e dell’ospitalità.
Una menzione speciale per il Qatar, che almeno imbandisce una bella tavolata con i prodotti tipici del piccolo emirato. Tutti con l’acquolina in bocca ma vietato toccare, per cui non sappiamo se il piacere del palato sarebbe stato pari al piacere della vista. Nel frattempo, abbiamo imparato che se si è ospiti di una famiglia qatariota non conviene declinare l’invito a bere un caffè, il padrone di casa potrebbe aversene a male.
Il tour continua tra un padiglione e l’altro. 125 Paesi da visitare in due giorni e raccontare in poche righe: Jules Verne ci fa un baffo! Ma concediamoci una pausa ed una bottiglietta d’acqua alla modica cifra di 2 euro e 50 centesimi. Vi lascio con un po’ di suspense, poiché la parte migliore deve ancora venire.
(Presto la seconda parte)