Tindari (Me) – Una felicissima intuizione di Anna Ricciardi, direttore artistico di Tindari Festival, sancisce la piena riuscita di quello che si prospetta come uno degli eventi di maggiore successo di questa 65a edizione ‘Più forte del Fato’. La ‘celebration’ della Taberna Mylaensis, dopo 45 anni dai grandi successi di “Fammi ristari ‘nto menzu dî tô brazza” e “ Populi e santi”, i due album della ‘consacrazione’ artistica del gruppo milazzese, ha decretato il pieno successo della serata ponendosi come uno dei pilastri dell’intera programmazione del Tindari Festival 2021.
Un pubblico numeroso e partecipe ha salutato la band milazzese con palpabile attesa ed emozione, desideroso di riascoltare un repertorio che definire ‘storico’ è appropriato, perché rimane nella memoria e nel cuore di tanti giovani di quegli anni, in cui la Taberna Mylaensis regalava al pubblico e allo spettacolo un modo personale e originale di eseguire la canzone cosiddetta popolare.
Introdotta e inframmezzata dai racconti e dalle simpaticissime divagazioni di Alberto Cocuzza, storica voce della Taberna Mylaensis, tra i padri fondatori del gruppo, la kermesse si è aperta con un canto di zolfatari (Cca sutta ‘nta ‘stu nfernu puvireddi) e un canto di vendemmia, per poi proporre il brano che rappresenta l’apoteosi del gruppo di Milazzo che con «Fammi ristari ‘nto menzu dî tô brazza» ha messo a segno uno dei più suadenti e ‘clamorosi’ successi del repertorio etnico ‘tradizionale’: il brano che si identifica col gruppo stesso e che trascina nel canto pubblico ed esecutori.
Brani, quelli che si sono susseguiti, che costituiscono uno stile vero e proprio (oltreché un repertorio), che potrebbe dirsi «stile Taberna Mylaensis», un modo di cantare e suonate che affonda l’aratro della musica e del canto nel solco autentico e profondo del canto di tradizione orale e comunque popolare per stile e vocazione. Ce ne fosse stato bisogno, il sagace e inesauribile Alberto Cocuzza, facendo ‘outing’, ha detto chiaro e tondo quanto ha ritenuto importante ‘confidare’ al numeroso pubblico di Tindari, circa quel repertorio tradizionale che delle volte tale non era (non è), trattandosi piuttosto di brani ideati, scritti, musicati e arrangiati dagli stessi componenti la Taberna Mylaensis, col risultato encomiabile e paradossale al tempo stesso di avere (per una volta) consegnato alla tradizione un repertorio originale che finisce per rientrare nella tradizione stessa. E questo malgrado sui ‘titoli di coda’ degli album si possa leggere «di anonimo-tradizionale».
La Taberna e De Simone
Artista e personaggio di rilevante bravura, energia e personalità, Alberto Cocuzza ricorda, per le rilevanti caratteristiche vocali e per presenza scenica, il migliore Giovanni Mauriello della prima Compagnia di Canto Popolare (con Bennato, Vetere, Barra, Trampetti) che attraverso le geniali ricerche e riproposte di Roberto De Simone ha segnato un’epoca e fornito alle scene internazionali uno dei migliori esempi di teatro etnico ‘popolare’, di livello assoluto. A tale ‘censo’ può affiancarsi la Taberna Mylaensis, al di fuori dei paragoni, conservando ciascuno una propria personalità artistica, culturale e operativa.
Di pari, rilevante, livello artistico e scenico sono e rimangono Luciano Majo, Tanino Lazzaro e Fabio Sodano, con una menzione particolare per Salvo Nigro e per il giovane Marco Molino, la cui ‘integrazione’ nel gruppo si è rivelata pregevole e positiva: Nigro ha saputo arricchire con padronanza e gusto il ‘corredo’ strumentale e degli arrangiamenti; Molino ha dato prova di sensibilità e bravura nell’uso garbato, puntuale e personale delle percussioni, delle quali si giova molto la riproposta etnica, folk e popolare. Bravi.
Luciano Maio, Tanino Lazzaro e Fabio Sodano non necessitano di ulteriori ‘galloni’ giacché il loro valore è assoluto.
La prolusione del prof. Bonazinga
Il concerto della Taberna Mylaensis è stato preceduto e introdotto dalla prolusione dell’etnomusicologo Sergio Bonazinga, dottore di ricerca in Discipline demoetnoantropologiche e docente di Antropologia della musica e Semotica delle musiche etniche e popolari all’Università di Palermo.
Il prof. Bonazinga ha espresso compiacimento per l’evento in programma, “anche per l’occasione di riascoltare un repertorio che riporta alla memoria personali esperienze musicali e di vita. Percorsi diversi ma accomunati dall’interesse per un certo repertorio musicale internazionale, come il rock, il pop, e per la musica italiana dei cantautori e dei gruppi degli anni sessanta.
Modi diversi di arrivare alle cose con la ragione prima, ma poi con l’emotività, quando qualcosa ti piace sei spinto a conoscerla ad amarla. Pago un debito nei confronti di questi musicisti, perché loro prima di me hanno fatto ricerche che poi anche io ho condotto. Auguro loro di ritornare tante volte insieme sul palco, cantando: l’unico modo per sconfiggere il tempo”.
Il prof. Bonazinga ha concluso il suo intervento salutando pubblicamente la direttrice artistica, Anna Ricciardi, verso la quale ha espresso vivo compiacimento per la realizzazione del concerto, sua idea e realizzazione.
Il concerto della Taberna Mylaensis è stato impreziosito da un filmato a cura di Valentina Fleres e da una serie di elaborazioni grafiche ed immagini di Marco Freni, tratte dai repertori fotografici delle collezioni demo- etno -antropologiche del museo della cultura e musica popolare dei peloritani del villaggio Gesso- Messina, per gentile concessione di Mario Sarica, curatore scientifico del museo.
Un successo che farà ancora parlare di sé appassionati e cultori del genere etnico e della Taberna Mylaensis e che rimarrà negli annali del Tindari Festival come una kermesse storica di rilievo e come felice intuizione della direttrice artistica Anna Ricciardi.