Il Presidente dell’ESA , dott. Calderone –
Istituito con una Legge Regionale del 10 agosto 1965 l’Ente di Sviluppo Agricolo, si legge sul sito ufficiale della partecipata, “ha accompagnato in maniera determinante la fase discendente della c.d. riforma agraria in Sicilia (1950), ponendo in essere tutta una serie di interventi sul territorio (dalle dighe alla elettrificazione rurale e borghi, tanto per citarne alcuni) che hanno fatto la storia agraria dell’isola (…) La Legge regionale n.73/77 ha assegnato alla struttura ulteriori competenze per l’assistenza tecnica e le attività promozionali in agricoltura”.
Mentre il governo minacciava un giorno sì e l’altro pure di sopprimere la sua creatura, Nicola Caldarone è intervenuto per risanarla: “Appena insediatomi ho trovato una situazione finanziaria complicata. Ma in quattro mesi abbiamo recuperato un gap decennale e chiuso i bilanci fino al 2018”.
L’Esa è coinvolta in alcuni “cantieri” dell’innovazione, come quello della “biofabbrica di Ramacca, ce ne sono 26 in tutto il mondo, in cui produciamo insetti utili all’agricoltura, o i terreni di San Giovanni Gemini e Barcellona di Pozzo di Gotto, in cui assieme ad Eni stiamo portando avanti la sperimentazione di nuove piante di guayule, un particolare tipo di gomma che servirà a produrre gli pneumatici di tutto il mondo, consentendo anche una ri-conversione dei processi agricoli. L’unico difetto dell’Esa è non aver saputo comunicare all’esterno le cose belle di cui è capace”. Ultimo, non per ordine d’importanza, l’intervento dei “nostri lavoratori stagionali a sostegno dei beni culturali e di alcuni parchi storici come quelli di Selinunte, Marsala, Segesta”.
E qui si apre un altro capitolo di una storia articolata, quello relativo alla sorte di circa 700 dipendenti che, col taglio dell’Esa, dovrebbero essere ricollocati altrove. Da un lato 300 lavoratori di ruolo, dall’altro 400 stagionali, ribattezzati “trattoristi”. Questi ultimi svolgono ogni anno 179 giornate lavorative. Ci sono in ballo vite, famiglie e competenze. E soldini. Perché, come ci spiega Caldarone, la voce stipendi è l’unica a pesare veramente sulle casse della Regione: “I trasferimenti coprono le spese per il personale: 14 milioni l’anno per gli effettivi, 7,5 per i stagionali. Ma parliamo ci costi fissi che non verrebbero meno neanche con la soppressione. Tengo a ribadire che l’Esa è un ente ricco, con un ottimo patrimonio immobiliare che può garantire qualsiasi tipo d’esposizione finanziaria che noi, comunque, non abbiamo”.
Tratto da “Buttanissima” – art. di Paolo Mandarà
Suggerito dal Funzionario ESA Pietro Faraone
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