In Sicilia nel Medioevo il potere temporale religioso non era meno “assoluto” di quello civile. Ne sa qualche cosa il borgo di Librizzi, che sorse in periodo normanno sul cucuzzolo di una collina, intorno al 1100 d.C., nei pressi del castello Brichinnai, non più esistente. Gli abitanti del paesino messinese furono infatti per secoli sotto il dominio del Vescovado di Patti, e prima ancora di quello di Patti e Lipari, tanto che il Vescovo di Patti deteneva il titolo di “Conte di Librizzi” e le famiglie dei “terrazzani”, ossia i servi della terra di Librizzi, erano costretti a lavorare almeno una settimana al mese per la Chiesa.
Nel 1371 le terre di Librizzi furono concesse da re Federico III a Vinciguerra d’Aragona e nei decenni successivi passarono al conte Bartolomeo di Aragona, al barone Berengario Orioles di San Pietro Patti e infine alla nobile Ljanora de Centelle. Non senza conflitti con il Vescovado, che reclamava diritti e balzelli sui beni appartenenti alla mensa vescovile, scontrandosi con l’orgogliosa opposizione dei librizzesi, che si guadagnarono l’appellativo di “furmiculi russi”, e i contrasti divennero così acuti che Papa Pio V nel 1567 e nel 1571 “fulminò” scomunica contro i cittadini.
A Librizzi, in provincia di Messina, si svolge una processione tra le più caratteristiche di tutta la Sicilia. Durante la festa patronale, che si tiene ogni anno la prima domenica dopo Ferragosto, la statua marmorea della Madonna viene portata in processione per le vie del paese, preceduta dalla statua lignea seicentesca di San Michele Arcangelo. La pesante statua della Madonna della Catena, attribuita ad Antonino Gagini viene portata in processione [1] su un fercolo in legno (a vara) da 24 portatori. La tradizione vuole che la statua, nel suo viaggio verso Librizzi, giunta in località Maisale, divenne così pesante che i buoi non riuscirono a trainare più il carro che la trasportava. Il cammino riprese solo quando si levò per i campi il suono dell’umile zampogna (a ciaramedda): la statua poté così raggiungere il cocuzzolo del paese dove è ancora venerata nell’omonima chiesa. Durante la processione è rievocato tale evento e, ad un certo punto del tragitto, sotto un noce, la statua torna ad essere insopportabilmente pesante per i portatori e, ancora una volta, tocca all’umile suono della zampogna rimettere le cose a posto, mentre i portatori proseguono il cammino gridando Viva Maria!
I librizzesi sono soliti offrire come ex voto delle banconote con le quali viene adornato il fercolo: un tempo giungevano tanti dollari dagli Stati Uniti d’America, ove esistono numerosi gruppi di emigrati librizzesi. Nel corso della processione, alcuni devoti camminano scalzi e a ritroso, portando cesti di fiori, per voto.
La statua della Madonna della Catena è attribuita ad Antonino Gagini ed è giunta a Librizzi intorno al 1540. Da allora è sempre uscita in processione e si narra di un prodigio accaduto il 16 agosto 1573, quando una tale Bittuzza, difittusa di un brazzu sinistru, fu posta in la vara durante la processione: si addormentò accanto alla statua della Madonna, e, al ritorno in chiesa, si risvegliò guarita, come descritto nel documento dell’epoca pubblicato da Antonino D’Amico.
Si narra che a Palermo si presentarono le delegazioni di Librizzi, Sorrentini e Gioiosa Guardia per scegliere una statua della Madonna da portare al proprio paesello: la più bella, che è la statua giunta a Librizzi, era ambita da tutti, e fu necessario affidare la scelta alla sorte. Il ridente paesino di Librizzi, che dall’alto della sua collina guarda sul Mar Tirreno, sulle Eolie, su Tindari e sulla valle del Timeto, ebbe il privilegio di essere il favorito.
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