Concertone 1° Maggio, Mesolella: Benedetto Buttitta a cui chiediamo scusa

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Untitled-1 Editoriale di Mimmo Mòllica.

Benedetta la Sicilia’ che ci sa abbracciare. A Mesolella non possiamo che dire ‘bravo’. Eppure desideriamo (anche) dirgli che tra Sciascia e Guttuso manca il ‘compare’, colui che alla Sicilia ha dato l’onore della propria lingua, quella dei padri, cantando ogni espressione di questa Terra in poesia, come nessun altro: Ignazio Buttitta. A Buttitta Mesolella chieda scusa e ne aggiunga il nome nel testo della sua canzone

01/05/2016 – A Roma il tradizionale Concertone di piazza San Giovanni, senza striscioni né “cori da stadio, apre con la commemorazione di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto, per il quale non si smette giustamente di chiedere verità e giustizia. In apertura, per quanto ci riguarda, La Banda del Pozzo (di Barcellona Pozzo di Gotto) fa davvero una bella figura, con un brano ironico e scattante, come pochi ormai se ne sentono in giro. 800mila persone non sono poche per decretare il successo di questa edizione 2016, così composta e seriamente intenzionata a farsi ben ricordare, in un momento tanto complicato e deprimente della vita sociale e politica italiana. Un capace e solido Luca Barbarossa ha assicurato una valida conduzione dell’intera otto ore musicale. Bravo!

Vorremmo ora parlare di Fausto Mesolella, elogiarlo: “Benedetto Mesolella”. Il suo brano Benedetta la Sicilia ci sta davvero bene in questo contesto, è un brano che trascina e commuove, fa riflettere e assegna un valido ruolo alla musica leggera e dei cantautori, in un momento in cui sia l’una che l’altra sembrano avere esaurito la propria spinta propulsiva. Mesolella, con un brano di ‘canzone-verità’ benedice la Sicilia bella e generosa, secondo canoni già presenti nella poesia popolare siciliana:

La Sicilia è la Terra dilli rosi, / binidittu lu Ddiu chi nni la fici… /
‘nta lu ‘nvernu pruduci tanti cosi, / lu beni surgi d’ogni paisi… /
Trapani viva, lu sali arricosi, / viva Missina câ lu portu fici; /
Palermu ha firmatu, ha firmatu tanti cosi, / pi’ daricci l’assaltu a li francisi.

(La Sicilia è la terra delle rose, / benedetto il Dio che ce la fece. / D’inverno produce tante cose, /
il bene sorge da ogni paese… / Trapani viva, il sale raccolse, / viva Messina che il porto fece; /
Palermo ha fermato tante cose / per dare l’assalto ai francesi )

Mesolella chiede scusa a Lampesusa: nell’ottobre 2013 il capo del governo italiano si inginocchia e chiede scusa al cospetto di centinaia di feretri senza nome, riconoscendo le colpevoli inadempienze di cui si sono macchiate le nostre istituzioni. Nel luglio 2013 Papa Francesco atterra a Lampedusa per chiedere scusa a 15mila persone, accorse in quella piazza per accoglierlo: atterrato a Lampedusa per il primo viaggio apostolico del suo Pontificato incontra i migranti e le comunità di Lampedusa e Linosa; celebra la messa con una chiara connotazione penitenziale, “per la remissione dei peccati”. A pochi metri, il cimitero dei barconi affondati e la messa è una celebrazione funebre per le vittime dell’immigrazione e dei naufragi.

Il Primo Maggio di piazza San Giovanni (gremita), con Fausto Mesolella risuona di nomi eroici e benedetti:
Benedetta la Sicilia che ci fa sognare, / benedetta la Sicilia che ci sa abbracciare, / benedetto Sciascia che la seppe raccontare, / benedetto Modugno che la seppe musicare. / Benedetto Guttuso che la seppe disegnare. / Benedetto Falcone, benedetto Borsellino, / benedetti gli eroi dell’infame destino, / benedetto Livatino, il giudice bambino, / benedetta la passione di Rosa Balisteri, / e benedetta Lampedusa a cui chiediamo scusa. / Benedetto Battiato che la seppe trasportare, / Benedetto tornatore che tornò da vincitore, / benedetto Franco, benedetto Ciccio, / benedetti i pupi di Mimmo Cuticchio, / ma benedetta Lampedusa a cui chiediamo scusa.

Maledetti i soldi, maledetti i padroni, maledetto l’odio; maledetta la rotta che li fece affondare, maledetti i cialtroni, maledetti i corrotti, maledette le banche e i banchieri stolti. Benedetta Lampedusa, a cui chiediamo scusa.
A Mesolella non possiamo che dire ‘bravo’ e abbracciarlo forte, come il suo stesso brano induce a fare. Eppure desideriamo dirgli, senza che questo sminuisca in alcun modo le sue intenzioni nè il fatto artistico, che tra Sciascia e Guttuso manca il ‘compare’, colui che alla Sicilia diede l’onore della lingua adottata dai padri, cantando ogni espressione di questa Terra in poesia come nessun altro: il grande poeta popolare Ignazio Buttitta. Colui che, assieme a Dario Fo, fece cantare la stessa Rosa Balistreri.
A Buttitta, Mesolella chieda scusa, non c’è niente di male, e ne aggiunga il nome con cuore grato nella prossima esibizione in piazza, se non potrà più farlo nella registrazione discografica.

Benedetta la Sicilia che ci fa sognare, /
benedetta la Sicilia che ci sa abbracciare,
benedetto Buttitta che la seppe far parlare /
Benedetto Mesolella che la seppe cantare.

Benedetta Lampedusa, a cui chiediamo scusa.

Mimmo Mòllica

PARRU CU TIA 

Sfarda sta cammisazza arripizzata,
tìncila e fanni un pezzu di bannera,
trasi dintra li casi puvireddi,
scinni nni li carusi carzarati,
sduna pi’ li stratuna e li trazzeri,
chiama picciotti e vecchi jurnateri,
cerca dintra li fùnnachi e li grutti,
l’ominí persi, abbannunati e rutti,
grìdacci cu’ la vuci d’un liuni:
«genti, vinni lu jornu a li dijuni!»

Sfarda sta cammisazza arripizzata,
tìncila e fanni un pezzu di bannera
russa comu la tònaca di Cristu,
pi’ torcia lu to vrazzu e lu to pusu:
unniala a li venti a pugnu chiusu:
russa era la tònaca di Cristu!

Ignazio Buttitta, 1954

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