L’affettività è parte integrante della nostra vita, uno spiraglio di luce, in una società forse poco educata alle esternazioni e alle dimostrazioni. Le varie esperienze che l’uomo oggi vive sono legate come realtà individuale, per cui come pieno del suo sentire e delle sue emozioni e quindi senza spazio per l’incontro con l’altro.
Ma una vita affettiva che non fa uscire da se stessi e non apre all’ altro non realizza il suo compito. Pertanto mi chiedo: ma si può educare all’ affettività?
Considerato che l’affettività è come un boomerang, quando non colpisce la preda, ritorna al cacciatore che l’ha lanciato, così come l’uomo che nella vita non raggiunge se stesso e non si incontra con l’altro, finisce per non realizzare neppure se stesso e di farsi del male con le proprie mani.
La vita affettiva è luogo privato e privilegiato del legame interpersonale, difatti un’affettività senza speranza si tramuta nel tempo in disperazione.
Cosa poco gradita all’essere umano che spesso racchiude nella propria presunzione una sgradevole qualità di vita.
Nel corso degli incontri lavorativi ho notato molta confusione, soprattutto quando mi si parla di affettività, di Amore.
Spesso Amore viene confuso con una emozione effimera e momentanea…, senza un sentire comune, senza un incontro.
Perché è pur vero che come diceva l’autore di quel gran capolavoro che è stato che è tutt’ora “ Il Piccolo Principe “ quando si rincorre l’effimero…cosa si trova nelle mani? Solo un marasma di mosche…Occorre ribadire con molta enfasi, che è degno dell’uomo, un Amore che non si riduce solo alla sfera sessuale. E’ un Amore che trascende.
Amare è aprirsi all’altro, dove la realizzazione di se stessi avviene non prescindendo dai valori, ma cercando di realizzarli.
Amare è realizzare dei valori. Ma sappiamo pure che se, il Cuore, nella propria profondità non è educato, se non è ricolmo da un ethos che gli indichi la direzione non si può realizzare l’Amore, elemento indispensabile di vita, in tutte le sue fasi.
L’equivoco più pericoloso è ritenere l’ affettività come qualcosa di non
“ educabile “, dunque qualcosa che solo la spontaneità può regolare, ed il cui tutto si risolve nel puro soddisfacimento dei propri bisogni.
Il tempo dell’affetto messo alla prova, della verifica, orientato ad un futuro attraverso un impegno fiducioso nei confronti dell’altro, ha lasciato spazio ad esperienze “ usa e getta…” o tutt’al più ai più reiterati tentativi…vissuti… come sperimentazioni narcisistiche della propria capacità di seduzione e come conquista per confermare la propria identità e soddisfare i propri bisogni.
La mancanza di un’adeguata educazione all’affettività genera persone instabili, ancorate ad uno stadio evolutivo infantile, iperconcentrate su se stesse.
Persone dunque, fondamentalmente immature, se vale ancora il detto secondo cui la maturità di una persona si scopre dal fatto che essa pensa di più agli altri che a se stessi.
La famiglia come luogo principe dell’educazione all’affettività.
In famiglia si sperimenta prima il principio dell’Amore come realtà esclusiva e indissolubile, che porta in sé una scintilla di divinità. L’Amore e la speranza che da essa scaturisce, si trasmettono solo per contagio personale.
Creare dei legami attraverso il modo con il quale è possibile la conoscenza tramite “ l’addomesticare “.
Certo, la conoscenza implicherà la sofferenza; quella del distacco. Ma varrà la pena soffrire se poi in cambio si guadagnerà il
“ colore del grano “, vale a dire una nuova conoscenza delle cose…
I campi di grano non mi ricordano nulla e questo è molto triste.
Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato.
Il grano che è dorato, mi farà pensare e amerò il rumore del vento del grano…..
Dott.ssa Giuliana Scaffidi