Quando in albergo, quando a scuola (come a Betlemme, allorché Maria diede alla luce il suo primogenito) o alle scuole elementari della Celadina, per crocifissi e presepi non sempre c’è ‘vita’ facile: a Betlemme nessun albergo volle ospitare Gesù nascente, alla scuola elementare De Amicis della Celadina, nemmeno.
Ma non sempre l’ultima speme è la mangiatoia, tra il bue e l’asinello, pecore e caprini. A Gioiosa Marea a dare ospitalità al Bambinello in fasce, a Maria, la più bella ragazza di Galilea, e a Giuseppe falegname, è l’Agriturismo Santa Margherita, in quella sala grande dove sono transitati personaggi del cinema e della tv, turisti e clienti locali in quantità, in cerca di cose buone da mangiare e da vedere. Qua è possibile visitare una delle più belle mostre di presepi e simboli natalizi che mi sia capitato di vedere negli ultimi tempi.
Artefice della mostra è Filippo Olivo, un artigiano-scultore che al ferro battuto, alla pietra e al legno sa dare nuova vita e notevole dignità artistica, trasformando materiali di riciclo, tronchi e radici d’albero in autentiche opere d’arte.
Inaugurata lo scorso 13 dicembre all’Agriturismo Santa Margherita di Gioiosa Marea, la mostra dei presepi e delle opere natalizie di Filippo Olivo, in ferro o in legno, è contornata da una serie di foto rigorosamente in bianco e nero, testimonianze di ciò che rimane delle vestigia dell’antica Gioiosa Guardia, serie fotografica della memoria, atto d’amore per una città che scompare, abbandonata alla fine del 1700 ed ancora di più negli anni recenti.
Gioiosa Guardia: “Monumento per un paese che non deve morire”
Se “Monumento ad un poeta morto” di Tano Festa è il titolo di una delle prime e più belle opere della Fiumara d’Arte, una finestra sull’infinito, “Monumento per un paese che non deve morire” è il titolo che Filippo Olivo potrebbe dare alla serie di foto realizzate come pellegrino devoto ai piedi di questa città spettrale, Gioiosa Guardia: “E’ paesaggio anche questo, (…) immemore delle magagne degli uomini. Se non bastasse ad accusarli tuttora una foresta di antenne e tralicci, tutto un cilicio di spine confitto nella carne dell’isola, del quale è augurabile ch’essa un giorno con uno strattone si liberi, come Gulliver appena sveglio, della fastidiosa rete di Lilliput.”
Filippo Olivo si fa difensore e testimone dei luoghi della memoria, innamorato com’è di quelle pietre che immortala e tramanda a chi vorrà saperne ancora ed imprecarne l’abbandono. C’è preghiera negli uomini, e non per forza essa si estrinseca nelle abituali forme. A volte il Padre Nostro e l’Ave Maria divengono invettiva e sudore, amore per l’arte e indignazione per ciò che l’arte non può salvare ma solo elevare, celebrare, commemorare. Così il presepe.
Di ferro o di legno, ricavato da una vecchia lavabiancheria o da una radice d’ulivo centenario, nelle creazioni di Filippo Olivo il presepe raffigura (con forza spirituale e creativa magnifiche) la natività, l’integrazione, l’accoglienza e la gioia. La gioia del creato e della integrazione tra popoli; la gioia per la materia che non si crea ma neanche si distrugge: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».
«Nulla si crea, nulla si distrugge»
Che Antoine-Laurent Lavoisier non volesse farne solo una ‘formula’ della fisica e della chimica ci è ben chiaro attraverso le opere di Filippo Olivo. “Nulla si perde, nulla si crea”, Albert Einstein (che ha aggiunto “tutto si trasforma”), dimostra come ci voglia una cultura (ormai persa) della riduzione e del riutilizzo dei rifiuti.
Filippo Olivo, con arte, ingegno e approccio artigianale, trasforma con passione e sentimento il singolo rottame, la frattaglia di materia, che sfugge così a una vile accezione per elevarsi al rango dell’opera d’arte e dell’ingegno. E il ficodindia, il carretto, il filo spinato (che separa gli uomini tra loro ma li mette in comunione con Dio e col desiderio di libertà e infinito), sono simboli di un mondo che accomuna la Sicilia al Mediterraneo e il Mediterraneo alle regioni più lontane del Mondo, avvicinandole magicamente, con tratti d’arte e di manesca ingegnosità creativa.
Opere uniche e desiderabili, di cui venire in possesso per ammirarne le forme e custodirne la bellezza e i segreti. Per divenire custodi dei messaggi della materia, prima che essa perda per sempre la sua dignità.
Filippo Olivo fonde le verità evangeliche con guizzi di fantasia che non lasciano mai perplessi ma, anzi, invitano la mente a viaggiare tra i presepi del mondo e le diverse tradizioni. Come i Vangeli dell’infanzia di Luca e Matteo riportano la nascita di Gesù al tempo di Erode, a Betlemme; il presepe della natività di Gesù Cristo con i suoi personaggi, la grotta, la stella Polare, i Re Magi e i pastori, il bue e l’asinello, vivi, sempre vivi nella nostra coscienza e nel nostro bisogno di credere, per non essere ‘pecore matte’, sempre più soli in un mondo senza fede né arte! Senza fede in un Dio che si fida (un po’ troppo) di noi!
Mimmo Mòllica